A che serve l’Europa?

Tutti sanno che da poco a Davos, alla riunione del WEF, era in forza tutto l’establishment UE. Erano lì ad applaudire l’agenda transumanista.

Mah, dirà il negazionista conformista, che c’è di male? Solo coreografia e buona educazione. Quello che contano sono i fatti, i provvedimenti legislativi. Di cosa abbiamo paura dunque?

E allora vediamoli questi fatti; fatti che incalzano uno dietro l’altro. Intanto ci sono le cose “vecchie e risapute”, che ad alcuni staranno anche bene.

Europa vuol dire “mercato”, cioè svendita dello stato sociale, anzi dello stato, ad ogni livello. Vuol dire “concorrenza”, dove la cattiva qualità del prodotto o servizio, purché sia a basso prezzo, prevale sempre. Il piccolo imprenditore, quello che fa il prodotto di qualità, ha la vita sempre più difficile. Esposto alla concorrenza di non si sa dove, vessato da adempimenti, tecnici e burocratici, sempre più esosi, sostenibili solo per chi ha dietro il grande capitale, deve vendere. Vendere la propria azienda, la propria terra, proletarizzarsi. E questo lo sappiamo. Su questo la UE è irredimibile, pazienza.

Europa vuol dire “moneta unica”, non solo “comune”. Una moneta unica che toglie a tutti gli stati aderenti la possibilità di fare una politica fiscale autonoma, anzi di una politica tout court. E quindi toglie la democrazia. Democrazia che a livello europeo è del resto impraticabile. Tutto nelle mani di tecnici nominati da lobby, pazienza.

Europa vuol dire, al di là delle belle parole, “lingua unica, cultura unica, pensiero unico”. Eh, lo sappiamo, che vuoi fare il provinciale? Siamo nel XXI secolo, su. Pazienza.

Europa vuol dire “sradicamento e migrazioni”. I nostri ragazzi vanno, precari in tutto, a cercare un pezzo di pane, altri “precari”, masse senza cittadinanza, aliene, vengono. Al di là delle ipocrisie, il processo di mescolanza e sostituzione è voluto, benedetto, dal grande capitale europeo, che vi vede una ulteriore occasione di proletarizzazione. Il migrante è persona senza famiglia, senza patria, senza rete di protezione sociale, praticamente un potenziale schiavo. Il “modello” per la nuova società. E questo si sa, che vuoi farci, pazienza.

Europa vuol dire “LGBT” e “lotta continua tra i sessi”. Taccio sul punto, tema sensibile. Chi vuol intendere intenda. Pazienza. Anche quando si toccano i bambini? Ma sì…

Europa vuol dire tanto altro che non va. Se analizziamo, a una a una, tutte le politiche settoriali, da quella universitaria, alla pesca, a tutto quello che volete, la UE è una specie di tarlo che lentamente corrode le fondamenta della società. Ma lasciamo perdere i dettagli.

Veniamo alle novità, agli ultimi gridi.

Che la UE fosse subalterna agli USA, strettamente incardinata nella NATO, lo sapevamo. Che ci conducesse per questo a sostenere una dissennata guerra antirussa, sino alle soglie della III Guerra Mondiale, a costo di farci del male da soli, non fiatando nemmeno di fronte all’aperto sabotaggio americano del North Stream II, non c’era messo. L’Europa non cerca la pace, cerca la guerra. Ci ha cacciato in un’economia di guerra. In un mondo che sta cambiando pelle, che abbandona l’egemonia del dollaro, la UE resta aggrappata fino all’ultimo alla nave che lentamente sta affondando. Ne vale la pena?

La vicenda surreale del Covid, una influenza creata artificialmente in laboratorio, nonostante ciò non molto più letale della comune influenza, a meno che deliberatamente non fosse curata male, fatta strumento del più grande stravolgimento delle istituzioni e dei diritti in quasi tutto il mondo, ha visto la UE in prima fila. Certo, meno che l’Italia questa volta, ma con uno spaventoso conflitto di interessi tra la Presidente della Commissione e la Pfizer. Va bene, questa se vogliamo la tolgo, non è specifica della UE, non particolarmente almeno. Se non per la vicenda inquietante del “green pass”, primo test per una società del controllo totale dell’identità digitale.

Ma soprattutto c’è la gragnuola della rivoluzione “green”, con annessi e connessi.

Le case “inquinano” e non si potranno più vendere o affittare se non in fascia ecologica “alta”. Nessuno ha tutti questi soldi. Dovremo svenderle a chi ha risorse monetarie infinite?

Le macchine “inquinano” e, al di là delle menate sull’elettrico, dobbiamo rinunciare al mezzo privato. Il “monopattino” è stato solo un assaggio di ciò che ci attende.

L’alimentazione “inquina” e dobbiamo mangiare mangime per umani che prepareranno amorosamente per noi le multinazionali.

Il riscaldamento privato “inquina” e quindi dovremo rinunciare alla caldaia nelle abitazioni (con cosa si sostituirà? non è chiaro, forse con nulla).

Il contante “inquina” e dobbiamo sostituirlo integralmente con la moneta digitale.

E tutto sarà condito dalla “identità digitale”, e quindi per fare ogni cosa avremo bisogno di uno strumento unico (per ora nel telefono, poi sottopelle, come per le mucche), dove ci sarà tutto: carta d’identità, patente, soldi, status vaccinale, social, e chi più ne ha più ne metta. Come sgarriamo, spunta il fregio rosso, e siamo “clinicamente morti”. Non potremo neanche più salire sul monopattino elettrico. Una schiavitù inquietante che il più efferato despota asiatico dell’antichità non si sarebbe mai sognato di raggiungere.

La UE, in sintesi, ci toglie nient’altro che l’identità, la famiglia, la patria, (per chi crede) Dio, la casa, il mezzo di trasporto, il denaro, ogni forma di proprietà, la pace, il benessere, lo stato sociale. Naturalmente tutto ciò sarà fatto per un “bene collettivo”. Chi non aderisce a questo programma è “egoista”, o “retrogrado”. Quando non serviamo più per noi ci sarà una bella eutanasia, che adesso viene propagandata, come l’aborto di massa, senza neanche più un minimo di pudore.

Non prendetemi per bigotto. Mi considero molto laico e liberale. Però sarei un cieco se non vedessi che il denominatore comune è sempre la riduzione della popolazione, con ogni mezzo, dal blocco della pubertà a un minore che ha problemi (indotti?) di identità sessuale, fino alla soppressione degli ospiti delle RSA, in un modo o in un altro, passando per una precarietà che consente alle ragazze di metter su famiglia intorno ai 40 anni, quando madre natura diventa ostile alla fertilità, o per l’esaltazione della precarietà o per la denigrazione e criminalizzazione della paternità e maternità. Bene, andiamo avanti. “Ok, boomer”, come hanno insegnato a dire agli idioti nativi digitali, anche se sono nato dopo il 1964.

Questa è la UE. Questi sono i valori “europei”, oggi minacciati dal cattivo Putin. Prendere o lasciare. C’è qualcosa da prendere? Sì, ci sono i fondi strutturali europei, che hanno consentito, se ben spesi, di sopperire un po’ alla progressiva latitanza dello Stato. Ma che in fondo danno solo una piccola parte di ciò che versiamo. C’era (almeno una volta) l’Europa delle Regioni, che proteggeva le comunità locali dall’arroganza e dal centralismo degli stati. Ma anche questa, dopo il voltafaccia contro la Catalogna, sembra appartenere al passato. Le “regioni”, le “autonomie locali”, sono servite in passato per indebolire gli stati. Ora che gli stati membri sono proni all’autorità centrale, sembrano non servire più e sono abbandonate al loro destino. Io da sempre ambientalista, ma il green è un’altra cosa. Io da sempre indipendentista o per lo meno autonomista, ma l’Europa degli stati è un’altra cosa.

E quindi? A che serve la UE? E che dobbiamo fare l’anno prossimo alle elezioni europee? Disertarle? Tentare una testimonianza “contro”? Dibattito aperto.

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