Da Biden al “Mondo Nuovo”

Trump

Per chi leggerà quest’articolo fra molto tempo

siamo alla sera del 7 novembre 2020. Oggi la svolta: con almeno 5 stati ancora in bilico tra riconte e contestazioni avanti le sedi giudiziarie, il “sistema” dei media ha sciolto le vele: Biden È presidente, le contestazioni – se va bene – vanno nei sottotitoli. Lo Stato di diritto vorrebbe che si attendessero le sedi giudiziarie e i riconteggi per poter fare un’affermazione del genere, e invece… niente. Il Ministero della Verità di Orwelliana memoria ha sciolto ogni ambiguità: e la sua parola “è legge”. Le agenzie di stampa di tutto il mondo (figurarsi quelle italiane) riprendono la notizia, annunciata a telecamere riunite, senza neanche fiatare (si deve andare su qualche sito russo, per vedere qualche piccolo distinguo, ma neanche senza troppa convinzione).

Personalmente l’avevo capito almeno da un paio di giorni che la “resistenza” di Trump aveva le ore contate. Prima viene oscurato in diretta sui media, da “presidente in carica” (mai successo a memoria d’uomo, come se le nostre TV oscurassero Mattarella mentre parla dicendo che è un cialtrone). Poi i Repubblicani, Pence in testa, con il loro silenzio eloquente, o le imbarazzate difese d’ufficio, e una palpabile “paura” di essere dalla parte sbagliata in uno dei momenti cruciali della storia. Ma infine, determinante, la decisione dell’aeronautica militare di coprire lo spazio aereo sopra la attuale residenza di Biden nel Delaware come “presidente eletto”, su indicazione dei servizi segreti.

A quel punto – mi sono detto – “è tutto deciso e finito”. E, a ben vedere, lo è sempre stato. La dichiarazione della Pelosi è storica (“chiunque vincerà le elezioni, a Gennaio sarà Biden a giurare come Presidente”).

Il Piano, accuratamente preparato, è andato alla perfezione. Trump potrà dimenarsi, resistere legalmente, può fare quel che vuole: sarà definito “pazzo” e trattato come “pazzo”, scortato fuori dalla Casa Bianca se resiste, come in effetti pazzo è oggi chi pensa che esista un giudice a Washington o dove che sia. La legge non c’è più, non ce n’è bisogno, perché come nel mondo di Orwell, tutti sanno già quel che devono fare.

 

Ma – a parte questa eroica e titanica resistenza che ce lo rende in fondo simpatico, simpatico fino a farci dimenticare i suoi non pochi limiti – a noi che ce ne cale di quel succede a migliaia di km di distanza oltre l’Oceano? Perché mai dovremmo aggrottare un sopracciglio per un’elezione truccata? A proposito, chi crede alle veline del “Ministero della Verità” e crede veramente che Biden abbia avuto più voti di Trump, se anche fosse arrivato a questo rigo dell’articolo, è pregato di uscire, non fa per lui, a nanna, è tardi.

Perché mai, dicevo, ci dovremmo preoccupare più di lui che di un qualunque Lukashenko? Ancora, tornando a questo, i faziosi “dell’altra parte” sono convinti e straconvinti che l’uomo forte di Mensk (lasciatemelo scrivere in bielorusso) abbia veramente avuto il 75% dei suffragi. Poveretti… Sono uguali e contrari ai liberal che oggi festeggiano per la democrazia salvata in America, altrettanto ingenui e irrecuperabili.

 

Ci dobbiamo preoccupare perché quello che avviene a Washington, centro dell’Impero, è molto più importante di quello che succede nelle poche tribù barbare ancora fuori dall’Impero, che si trovino a Mensk o a Pyongyang. L’Impero è “casa nostra”. Noi siamo “subjecti” di quell’Impero. C’è stato uno scisma in questi quattro anni. Lo scisma è rientrato, quindi faremmo bene a fare valutazioni serie. E non solo strettamente politiche, ma economiche e forse, ancor più, sociali e culturali.

 

Ognuno si fa le sue idee. Io mi sono fatte queste, e ve le propongo.

 

Le elezioni non sono più il campo di battaglia principale della politica.

Intanto un postulato. Le elezioni USA dimostrano che le elezioni sono un rito. L’ultimo anello di una battaglia che ormai si svolge altrove. Datemi i media e il potere economico e me ne frego delle elezioni. Chi oggi si ostina a fare politica impari da questa lezione. Le “elezioni” vengono all’ultimo, proprio all’ultimo. Prima devi avere tutto il resto, forse anche le armi in mano. E devi avere la forza di non farle truccare. Altrimenti stai perdendo tempo e lo stai facendo perdere a chi ti va dietro.

 

Quali sono però gli effetti sullo scacchiere internazionale di questa nuova amministrazione? Tutti contenti, ma di che?

 

Riprende la globalizzazione economica.

 

Con i “liberal” a Washington, al WTO possono stare tranquilli. Niente più protezionismo. Multinazionali USA e Cinesi troveranno una quadra per spartirsi il mondo ai danni di tutti gli altri. Sarà una globalizzazione con qualche foglia di fico “verde”, per fare contenti i gonzi che vanno dietro alla Thunberg o per schiacciare qualche impresa nazionale definita come “sporca”? Forse, ma certamente sarà un mondo senza freni commerciali e polarizzato. E in un mondo globalizzato saranno i popoli poveri a pagare il prezzo più alto. E meno male che ha vinto “la sinistra”; sì la Sinistra della Harris, che viene dal management Uber, una delle più “sinistre” multinazionali del mondo contemporaneo.

 

Riprende il “confronto” con la Russia e la “esportazione” della “democrazia”

 

Trump è stato il primo e unico presidente da decenni che non ha iniziato alcuna guerra, che ha fatto solo qualche piccola azione dimostrativa per non mettersi troppo contro i sionisti (a proposito, ma secondo voi Biden riporta l’ambasciata a Tel Aviv? Ma per piacere…). Da ora in poi si torna ad “esportare” la democrazia a tutti i ribelli barbari che ancora non ne vogliono sapere di entrare nell’Impero. Temiamo l’escalation del partito “militare” che potrebbe volere un confronto sempre più serrato contro la Russia, per molti versi uno degli ultimi baluardi di libertà al mondo (coi suoi limiti, inteso…), che non sappiamo se può portarci al baratro…

 

L’Unione Europea si consolida

 

Con Biden in America i globalisti europei riprendono fiato.  Riprende l’integrazione europea a trazione tedesca. Il rullo compressore del debito che stritola i paesi mediterranei (Francia inclusa, vedrete), riprenderà sulle nostre teste. Se qualcuno volesse rivolgersi ad un “altro forno”, ora lo troverà chiuso. Tutti i popoli europei sono sotto ricatto ed hanno poco di cui andare contenti.

 

In Occidente il Sovranismo è sconfitto, forse definitivamente

 

Dopo la crisi del 2008 il “sistema” aveva cominciato a scricchiolare. La Brexit e l’elezione di Trump nel 2016, sono stati segni pericolosi di smottamento. Dappertutto l’Europa è stata scossa da sovranismi, alcuni dei quali, nell’Est, sono arrivati addirittura al potere. Mentre, in Occidente, il malessere raggiungeva livelli mai visti: avete presenti i Gilet gialli in Francia? E le elezioni italiane del 2017, che oggi sembrano più lontane della Luna? Qualcuno temeva persino per la UE e per l’euro, e a buon diritto.

Ha ragione Letta, dopo una rapida crisi, che è cominciata con il Covid, il Sovranismo in Europa è sconfitto. Dappertutto il consenso per i partiti di sistema aumenta e i partiti di contestazione si liquefanno come neve al sole. Quando restano in sella, come la “pseudodestra italiana” si normalizzano subito su posizioni convenzionali, per paure di perdere consenso (che perdono ugualmente). Il colpo di maglio è formidabile. Forse ci vorranno decenni per riprendersi.

 

Quali gli effetti più profondi, economici e sociali, a medio termine? A mio avviso sono quelli più preoccupanti. L’agenda dell’Occidente è sotto gli occhi di tutti, si deve solo avere occhi per vederla. Ma solo con un asse UE-USA questa agenda si può realizzare. Con Biden (o meglio con la camarilla segreta che sta dietro di lui) saldamente al potere da un lato dell’Oceano, si sistemeranno in fretta le cose anche da questa parte, e si potrà marciare spediti.

 

Il “Regime Covid” a livello mondiale porta a termine indisturbato la propria agenda di reset economico.

 

Qualunque cosa si pensi del Covid 19 (malattia seria, leggera, costruito a tavolino, naturale), una cosa è certa: è lo strumento ideale per riprogettare l’economia mondiale su basi verticistiche. Il punto saliente, da un punto di vista economico, è il “grande reset”. Schiantate le piccole e medie aziende, resteranno solo poche imprese globali, e il “giro” clientelare intorno a queste. Schiantate le finanze statali da questo collasso dell’economia, saranno costrette ad assumere un volume spaventoso di prestiti (di denaro creato dal nulla, ovviamente) che si tradurrà in svendita di ogni attività nazionale e pubblica. Il piccolo imprenditore che non è fallito a causa della chiusura, si vedrà confiscare dalle tasse e dalle banche quel poco che resta. Chi poteva diventare ricco, lo è diventato in passato, da ora sarà impossibile, per quanto abbiate idee e capacità manageriali.

 

L’immigrazionismo e il melting pot di culture, nazioni e popoli non trova più alcun ostacolo.

 

Non ci si fermi alla forma: oggi 600, domani 400 sbarchi, di là, di qua… Andiamo alla sostanza. È in atto, pilotato, uno spostamento di milioni di individui, sradicati dalle terre di origine, venduti e comprati come manodopera servile in Occidente, o come manovalanza militare di qualche nuovo regime. Mentre nel frattempo si costringono alla fuga nelle nostre terre migliaia e migliaia di giovani o si impedisce la formazione della famiglia e di nuove vite.

La “clandestinità” è benvenuta. Le culture nazionali, regionali, locali, devono essere disintegrate da una grande mescolanza in cui l’uomo, sia il nostro che parte, sia l’altro che viene, non hanno più terra di riferimento, non hanno più identità e – in una parola – non hanno più alcuna cittadinanza. Perché “cittadino è cattivo”, “suddito è bello”. Il “suddito immigrato” è icona del nuovo “ex cittadino autoctono” che allo stesso, questione di tempo, e alla sua assenza di diritti, dovrà progressivamente adeguarsi. È scritto, deve andare così. Non vi affezionate troppo al dialetto del vostro paese; tra poco sarete stranieri a casa vostra, e sarete stranieri dappertutto.

 

La famiglia e l’identità sessuale delle persone sono destrutturate.

 

L’individuo-suddito deve essere solo contro il sistema. Non deve avere alcuna forma di aggregazione sociale autonoma rispetto a quelle ufficiali. Persino le amicizie e le convivialità devono essere viste con sospetto. Ma c’è un ganglio della società civile che appare indistruttibile: la famiglia. E allora via anche questa.  Nessuna unione affettiva stabile tra uomo e donna è ben vista dal sistema. Anzi le donne devono costantemente essere messe contro gli uomini, e alle stesse bisogna in continuazione proiettare modelli maschili e conflittuali, finché non li sentano come propri e trovino impossibile dedicare una parte della loro esistenza alla funzione riproduttiva, che deve diventare invece ridotta e casuale.

Anche il rapporto tra le generazioni deve essere spezzato. I bambini sono “di tutti”, cioè del sistema. Devono essere strappati all’educazione familiare, piena di pregiudizi, e consegnati alla nuova modellazione antropologica.

In questo quadro, per evitare alla radice ogni stabilizzazione di rapporti affettivi, bisogna diffondere uno stile di vita ad identità fluida ed instabile. Se, per far questo, si deve transitoriamente parlare di “generi” (come scelta psicologica contrapposta ad un impronunciabile “sesso” naturale), ben venga. Alla fine la predisposizione naturale ad amarsi in modo stabile di uomini e donne viene presentata come “una delle tante possibilità” nella migliore delle ipotesi, e come una forma di “arcaismo culturale” nella peggiore. La rieducazione sessuale del genere umano passa da ogni poro: TV, canzoni, cultura ufficiale, ma soprattutto scuola. In particolare la figura del maschio e del Padre, simbolo della tradizione, deve essere dapprima demonizzata, poi, possibilmente, sparire.

 

Le religioni, così come ogni altro pensiero forte possibile e alternativo a quello dominante, sono disarticolate ed escono sostanzialmente di scena dalla società.

 

Non sarebbero tanto le religioni il problema, ma il fatto che queste si portano dietro, incancellabili, sistemi di valori e norme pensate in altri tempi e che potrebbero essere non in linea con il nuovo pensiero unico. Soluzione? Quella finale. Devono praticamente sparire. Nessuno ne parlerà più, se non come di lontane superstizioni del passato. La loro pratica e i loro insegnamenti verranno resi sempre più difficili. Saranno seguite e frequentate solo da una minoranza, che però verrà disorientata da dentro. Le religioni saranno infiltrate da sacerdoti “new age”, che predicheranno una melassa indistinta di buoni sentimenti e di pensiero debole, incapace di costituire un argine contro qualsiasi tipo di ingegneria sociale. Stessa sorte per qualunque visione del mondo, filosofia politica, pensiero forte, che non esca dalla fucina del pensiero universale. Se presente, sarà cancellato, se passato, sarà dimenticato.

 

Le democrazie e i diritti politici svaniscono.

 

Non ci saranno più elezioni, o saranno ridotte a formalità su piattaforme elettroniche più o meno truccate. Non ci sarà più opposizione, se non finta. Troverete solo due schieramenti: uno si chiamerà “di sinistra”, e servirà a disarticolare società e cultura nel nome dei “diritti”, l’altro si chiamerà “di destra”, e servirà a disarticolare stato e diritti sociali. Quando governa l’uno, l’altro fa finta di opporsi, ma, quando è il suo turno, non torna sull’agenda già realizzata, ma realizza la sua, mentre l’altro fa il gioco delle parti. Poi, all’interno degli schieramenti, il “partito” o il “leader” sarà lanciato e poi ritirato secondo il “ciclo di vita del prodotto”, in modo che su quelli vecchi si scateni tutto il malcontento, e si polarizzi l’attenzione verso il nuovo dentifricio (ops, volevo dire partito), che poi, sistematicamente, deluderà le aspettative, e sarà sostituito da uno nuovo. Vi ricorda qualcosa? Ma forse anche tutto ciò è provvisorio. Quando i tempi saranno maturi, le elezioni si ridurranno, gli organi elettivi saranno atrofizzati o del tutto aboliti. Ogni forma di decisione dal basso progressivamente scomparirà anche nella forma, nell’indifferenza, o forse addirittura nel plauso generale di un’opinione pubblica che sarà stata “insegnata” a odiare la vera democrazia e a sentirsi al contempo “democratica”, con un vero e proprio “bispensiero”. Ps. Non leggete le Costituzioni, non ci pensate più: vecchie favole….

 

I diritti sociali e la protezione delle fasce deboli della società si riducono ad elemosine di sopravvivenza.

 

Man mano che i “vecchi” escono di scena, per i “giovani” non ci sarà praticamente alcuna vecchiaia garantita. La previdenza pubblica, come i diritti dei lavoratori, gli scioperi, le indennità di malattia, etc. poco per volta spariranno tutte. Non ci sarà sanità gratuita né nulla di gratuito per le classi meno abbienti. Nella divisione del lavoro tutto il valore aggiunto andrà al capitale, tranne un reddito precario di sopravvivenza per i pochi “fortunati” che hanno ancora la possibilità di svolgere un lavoro. Discorso a parte per qualche élite intermedia di collaborazionisti, almeno finché servono, dai politici nazionali, ai poliziotti, passando per professori, medici, magistrati, e poca altra gente.

Il grosso non avrà una sede di lavoro: saranno sbattuti di qua e di là dove serve. Non avranno un contratto nazionale, e nemmeno aziendale, ma soltanto individuale e con licenziamento ad nutum.

Naturalmente, anche così, con il collasso dell’economia e l’automazione di gran parte del lavoro, resteranno a casa centinaia di milioni di persone. In attesa di, ehm, “farle sparire”, per evitare disordini si darà loro una elemosina di sopravvivenza e pessimi servizi di ogni tipo, ciò che li farà ammalare in fretta. Vi ricorda qualcosa?

 

L’integrità fisica e la psiche dei sudditi è nelle mani del ristretto ceto dominante.

 

Si parla tanto dei “vaccini”, ma cosa sono i vaccini? I vaccini sono una forma di prevenzione obbligatoria, in qualche caso anche benefica, ma sulla quale, realmente, non abbiamo alcun controllo. Non sappiamo e non sapremo mai bene cosa sarà iniettato nelle vene di tutti i sudditi. Dovrebbe controllare la scienza, ma la scienza non è libera ed è in conflitto di interessi. Tutta la nostra biologia sarà oggetto di programmazione: cosa mangeremo, cosa berremo, come ci divertiremo, come ci riposeremo, quando e come potremo riprodurci. I nostri pensieri saranno controllati in maniera collettiva attraverso il controllo totale dell’informazione (anche delle finte opposizioni) e della formazione, in ogni stadio della nostra vita. Probabilmente, se la tecnologia lo consentirà, il controllo sarà anche individuale, per mezzo di nanochip installati fisicamente dentro di noi, capaci di indurre processi fisiologici e psicologici indotti,  nonché per mezzo di giganteschi big data su cloud dove tutte le informazioni sugli ex-umani da allevamento saranno immagazzinate. L’ambiente in cui viviamo, l’aria che respiriamo, il clima, saranno progressivamente oggetto di tecnologia. Vi sembra fantascienza? Va bene, non credeteci, mettete tra parentesi questo punto e passate al successivo, ma non ditemi di non essere stati avvertiti.

 

Il consenso si fa virtualmente totale.

 

Fateci caso. Più il regime vessa i suoi sudditi, più aumenta il consenso. Sondaggi veri o taroccati saranno chiamati a suggellare questo successo. Ci saranno uno o più “grandi fratelli” da amare, per la loro saggezza, moderazione, lungimiranza, prudenza. E tanto più saranno da odiare quei pochi pazzi trogloditi che “non lo capiscono”, che tutto quello che ci viene fatto “è per il nostro bene”, e così via. Non aspettatevi solidarietà né ribellioni in un mondo a controllo totale. Non la troverete. Dovrete riunirvi nelle catacombe.

 

Il dissenso sarà affidato al diritto penale o all’ordinamento sanitario.

 

Il contraltare di un consenso sempre più diffuso è l’isolamento e la repressione del dissenso, sempre più isolato e minoritario. Quando ci si sarà assicurati del fatto che qualunque provvedimento repressivo, anziché generare orrore, genera plauso da una folla fanatizzata e inferocita, pronta a farsi essa stessa “esecutrice di giustizia”, o quanto meno “delatrice”, allora il regime, passo dopo passo, provvederà ad espungere le “mele marce”. Dove possibile con processi e reclusioni, nei quali il soggetto sarà demonizzato: fascista, razzista, sessista, omofobo, e così via, con tutti gli epiteti passati, presenti e futuri che serviranno ad isolare ogni dissenso. Quando ancora più forte, il sistema non ha più bisogno neanche di stigmatizzare il dissenso: lo dichiarerà una “malattia” e i “malati” saranno sottoposti a TSO e internati. Non c’è bisogno di dire che, in un regime, l’internato giudiziaro o sanitario, senza osservatorio dei suoi diritti, né empatia da parte di alcuna opinione pubblica, sarà presto o tardi fisicamente eliminato.

 

Sparirà – di fatto – anche la libertà di parola e di pensiero.

 

All’inizio ci si limita a censurare ogni pensiero dissonante dai media ufficiali, a espungerlo dai social, a non farlo trovare nei motori di ricerca. Già è così. Poi, assicuratisi del consenso belante del gregge, i giri di vite si faranno sempre più stretti. Per determinate prese di posizione sarà preclusa ogni carriera di rilievo, dopo ancora scatta il penale. Ci saranno ancora molte persone che penseranno che qualcosa non quadra nelle verità di regime, ma non avranno alcun modo di comunicarlo ai propri simili, perché sarà loro impedito. Intanto agisce la propaganda di massa, con i suoi mezzi smisurati, a convincere le menti più deboli. Dove non arriva la propaganda arriverà la corruzione, perché per opportunismo molti preferiranno il conformismo. Dove non arriva neanche la corruzione, arriveranno incentivi e disincentivi, fino alle minacce, che costringeranno al silenzio quasi tutti, non fosse altro che per paura di esporsi. E, laddove anche questo non dovesse bastare, si farà strada la repressione, con ogni mezzo. Se aprite gli occhi, è già quasi così.

 

Sparirà, o sarà limitato alla stretta cerchia dei collaborazionisti, il diritto di proprietà.

 

In un mondo di poveri non ci sarà spazio per la proprietà privata, né mobiliare, né immobiliare. Il sistema, attraverso il perverso sistema della “moneta-debito”, sarà costretto a continui indebitamenti, il cui esito finale sarà l’esproprio. Già lo si vede in Grecia, dove la gente si va a vendere l’oro di casa (ma in Sicilia è poi diverso?). Ma poi ci si venderà la casa. Solo il ristrettissimo giro dei “custodi” (le élite nazionali che tengono il sacco alla grande oligarchia internazionale) avrà quell’antico benessere che prima era aperto ad un ampio ceto medio. Anche il denaro non sarà più nostro: tutto digitalizzato e tracciato, periodicamente riversato dal nostro conto a quello delle banche (o dei sistemi che queste stanno per sostituire), o confiscato da tasse di ogni tipo. Se qualche residuo resterà, sarà investito obbligatoriamente in attività finanziarie, che poi la speculazione finanziaria internazionale toserà periodicamente.

 

L’Istruzione sarà ridotta ad un semialfabetismo diffuso e il legame con il passato del genere umano sarà reciso.

 

La Scuola pubblica, l’Università pubblica, la Ricerca pubblica, saranno pezzo per pezzo smantellati. Per le masse ci sarà una scuola dozzinale, dove non si insegna nulla se non qualche rudimento di conoscenza, funzionale al ruolo di proletario universale. La strategia sarebbe lunga a descrivere, perché prevede trattamenti speciali per le varie aree del sapere, tutte sottratte al libero pensiero e militarizzate allo scopo di ingegneria sociale (o semplicemente soppresse qualora non servano). I superstiti “docenti” saranno i sacerdoti del nuovo ordine. Gli eretici saranno bruciati. La storia sparirà dai curriculum, anzi, peggio, sarà sostituita da una “storiella” che ci spiegherà come, dopo tante e tante barbarie, il mondo è approdato al “migliore dei mondi possibili”. Del passato, della fliosofia, della lingua usata dalla civiltà europea per millenni, non ne saprà nulla quasi più nessuno.

Gli studenti non avranno, in una parola, più alcuno strumento critico, e forse neanche alcun vocabolo o concetto adatto, per capire bene il mondo in cui sono inseriti. Spiegare loro il mondo, far di loro “cittadini”, come insegnavano i vecchi manuali di educazione civica, sarà come tentare di spiegare a un maiale in allevamento intensivo la catena del valore che si svolge usando la sua carne. Tempo perso.

 

Conclusione

 

In una parola il “nuovo ordine” sta radicalmente abbattendo il “senso” (per citare Luhmann) che tiene insieme le Società e che si è costruito in migliaia di anni con una lenta stratificazione. Ma, nel farlo, non sostituiscono ad esso alcun senso nuovo, se non un “pensiero di plastica” per esseri umani (o post-umani) degradati un po’ a macchine un po’ a bestie.

Tutti gli indizi spingono ormai chiaramente verso queste condizioni di “vita”, se vita può ancora essere chiamata quella dei pochi schiavi allevati e tollerati dalle élite per i loro bisogni in questo “nuovo mondo”. Non è neanche complottismo. È semplice osservazione critica della realtà.

So cosa obietteranno alcuni “oggi”: “Ma tu stai ancora parlando. Se ci fosse questo regime totalitario che tu denunci, non potresti farlo”. La risposta è tutta in quell’avverbio: ancora!. Il regime procede per gradi, e dapprima isola il dissenso. Io sono dovuto arroccarmi in un blog personale per poter ancora comunicare a pochi resistenti una riflessione controcorrente. Non è detto che potrò farlo per sempre. Verrà il giorno (date tempo, Biden ha vinto solo ieri), in cui questi discorsi saranno perseguiti penalmente, il sito oscurato, l’autore internato. Non è ancora così. Dipende da noi far sì che questo “ancora” diventi “non sarà mai” così.

 

Ultimo tema: in questo contesto, una lotta non violenta per l’indipendentismo siciliano nel segno di un sovranismo democratico che spazi ha? E che metodi deve adottare? Molti dei discorsi fatti negli ultimi vent’anni hanno perduto ogni “senso”. Dobbiamo trovarne uno nuovo, e metodi nuovi di resistenza, a costo di diventare i nuovi carbonari.

 

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