Questione Agraria e Questione Finanziaria Siciliana: due facce della stessa medaglia?

La questione agraria e la questione finanziaria sono due facce della stessa medaglia, anzi le possiamo riunire in un solo nome: la Questione Siciliana.

La Sicilia, terra a secolare vocazione agricola di qualità, oggi vede minacciata la sopravvivenza del suo più tipico settore. Le aziende agricole sono costrette a svendere il loro prodotto, a vendere la loro stessa terra. Come fermare tutto questo?

I problemi di fondo sono i ricavi troppo bassi, strangolati dal brokeraggio globale e dalla competizione al ribasso che non premia l’agricoltura di qualità, il costo proibitivo dell’energia e in generale la struttura dei costi, ancorata ad una politica energetica, tributaria e monetaria completamente inadatta alla Sicilia, la mancanza di liquidità e di infrastrutture, di trasporto e non solo.

Si può e si deve intervenire, in molti modi tecnici, che qua non è il caso di esporre nei dettagli.

Si può però dire che queste azioni hanno quasi tutte bisogno di interventi istituzionali e, anche quando possono partire dal basso, ci vuole chi, dall’alto, e quindi ancora una volta a livello istituzionale, protegga esplicitamente questo associazionismo a difesa degli interessi di categoria, che poi – a ben vedere – sono gli interessi di un popolo intero. Perché se non avremo l’agricoltura a presidiare i nostri insediamenti, tutto ciò che gira intorno, dall’industria agroalimentare, ai servizi, privati e pubblici, è destinato a languire.

E questa istituzione che dovrebbe difenderci non può essere né l’Unione Europea, né lo Stato Italiano, che sono controparti naturali, in quanto rappresentano interessi lontani e contrastanti con i nostri.

La “nostra” istituzione, l’unica che può e deve prendere in mano l’economia siciliana e la sua agricoltura, è la Regione, per quanto disastrata e malandata sia oggi.

La Regione ha (avrebbe?) competenza legislativa ed esecutiva esclusiva in Sicilia in materia di agricoltura. La eserciti quindi come uno stato sovrano. Può farlo, quindi deve farlo.

Ma la Regione oggi è strangolata da uno Stato che le ha tolto l’ossigeno finanziario e con essa lo ha tolto a tutti i Comuni siciliani. Ecco perché le due questioni sono in realtà una quiestione sola.

Solo la Regione può difendere l’economia siciliana, ma la Regione oggi non esiste, ridotta a protettorato o colonia priva di risorse proprie e di ogni autonomia decisionale.

L’Autonomia differenziata, ancora, minaccia di togliere altre risorse e di mettere una pietra tombale sull’attuazione dello Statuto.

La Sicilia tutta, però, se vogliamo volgere in positivo un momento così drammatico, oggi ha, proprio per questa rivendicazione nordista in agenda, una grande occasione da non sprecare. La Sicilia si può e deve stringere intorno ai suoi agricoltori e alle altre principali categorie produttive tipiche (pesca, turismo, agroalimentare,…). E queste devono stringersi intorno alle nostre istituzioni in una sorta di patto di sangue. Se lo Stato vuole dare al Nord l’Autonomia deve prima dare alla Sicilia quello che le spetta. Ma non solo le risorse, che sono pure fondamentali per i servizi e gli investimenti. Deve dare anche le competenze, deve dare anche la facoltà di istituire una fiscalità di vantaggio, di agire liberamente sul settore creditizio, e deve poter fare tutto questo in quanto regione insulare e quindi senza nessun paravento o pretesto di violazione di norme europee.

Il motore di questo riscatto complessivo della nostra Terra passa dall’agricoltura. Gli agricoltori sono dappertutto in Sicilia, e se si organizzassero, se facessero propria la causa della Sicilia, potrebbero chiamare a raccolta tutti e potrebbero condizionare la politica dello Stato e forse anche dell’Unione.

Buttino giù un protocollo, costituiscano un comitato aperto a tutte le forse politiche, economiche, sociali e culturali che ci stanno. Forse è la volta buona che ci ricordiamo di essere un Popolo e portiamo a casa una vittoria per noi e per i nostri figli.

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