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Studiando il PNRR si capisce finalmente l’operazione Covid

 

Per ragioni professionali mi è capitata tra le mani la prima relazione semestrale con cui il Governo rendiconta al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

 

Mi sono bastate poche pagine perché quell’immagine ancora sfocata che mi era ben chiara da quando è iniziata l’operazione Covid si mettesse talmente a fuoco da rendere tutto finalmente chiarissimo, naturalmente a chi ha occhi per vedere.

 

Intanto già la “Relazione” al Parlamento è significativa. Non si relaziona per avere un voto, un’approvazione, no. Il Parlamento dello Stato, di tutti gli stati UE, è completamente esautorato da questa vicenda. Siamo già in era post-democratica. Tutto si decide a livello di esecutivo. Il Parlamento si limita ad ascoltare il resoconto del Governo e, chissà, ad avviare su quello uno sterile dibattito che resta agli atti, in cui sparuti oppositori muovono qualche critica che nessuno mai ascolterà, e tanti ligi peones di maggioranza spolvereranno la loro retorica di circostanza per descrivere le magnifiche sorti e progressive del Paese. Punto e basta. Del resto il vero “approvatore” della manovra non si trova più neanche a Roma, ma tra Bruxelles e Francoforte, come vedremo tra un attimo.

Non posso fare a meno di pensare – in questi frangenti – ai miei tanti compagni di lotte indipendentiste siciliane, e alla loro ingenua e disinformata mitologia sul fatto che bisogna “staccarsi da Roma”… Sì, da Roma, dove non si decide quasi più nulla. Ma andiamo per gradi.

 

Non voglio dare “numeri”, i “numeri” sono noiosi, e soprattutto in valore assoluto non servono a nulla. Diciamo in termini relativi che la posta in gioco è rilevante. Si tratta di circa il 14% del PIL, sulla carta una sferzata di risorse a un corpo esangue, prostrato da una crisi che non ha precedente alcuno in tutta la storia moderna. Già, la crisi, la grande crisi dalla quale non si esce più, nonostante i rimbalzi tecnici.

Il quadro è perfetto.

C’è la crisi, “grossa crisi” diceva un indimenticato Guzzanti che imitava i santoni, ma questa volta veramente grossa. Ed è tanto grande che i destinatari di questa offerta sembrano proprio non essere in grado di rifiutare. E già qui viene un primo sospetto. Se un mafioso ti brucia il negozio e poi ti offre un prestito per ripartire ti sta aiutando o no?  Io credo di no.

Si dirà che la crisi pandemica è un “evento naturale”, che nessuno avrebbe mai potuto prevedere, e che comunque avremmo dovuto farvi fronte.

Non sto qua neanche a rifare tutta la dietrologia degli annunci, convegni, brevetti, etc. che portano a conclusioni opposte, e cioè che la crisi pandemica era largamente annunciata, persino dalla beffarda mascherina di Grillo poco prima dell’evento. Facciamo finta che veramente tutti questi elementi di prova sulla sua artificialità siano nient’altro che fantasiose teorie della cospirazione. E facciamo finta di non sapere che l’artificialità del primo ceppo, quello scappato dal laboratorio di Wuhan, è ormai storia, pacificamente riconosciuta.

Facciamo ancora gli ingenui, e crediamo nel caso fortuito.

Certo è che questa crisi se non ci fosse stata la si sarebbe dovuta inventare, perché consente alla tecnocrazia europea di raggiungere tutti quegli obiettivi (si pensi alla identità digitale, cioè al controllo zootecnico della popolazione di ex cittadini) che da tempo sono stati largamente annunciati. Quando si dice la combinazione…

Questa crisi economica, poi, è stata deliberatamente acuita (e in buona misura lo è ancora) da scelte volutamente sbagliate, volte a fiaccare definitivamente la capacità autopropulsiva dei sistemi economici, soprattutto di quelli realmente “resilienti” alle sollecitazioni esterne, come quelli dei paesi mediterranei fondati sull’impresa media e piccola. Questo tessuto spontaneo di imprese, che dà o dava lavoro, reddito, gettito, resistente alla maggior parte delle sollecitazioni esterne, benché fiaccato da politiche “diserbanti” decennali, fondate su dissennati avanzi primari, tagli alla spesa, saccheggio fiscale ai limiti dell’esproprio, aumento esponenziale della burocrazia ad ogni livello, questo tessuto – dicevo – in alcuni paesi come l’Italia era ancora relativamente forte al punto che nessuno avrebbe accettato condizioni capestro come quelle dei vecchi trattati europei paralleli alla UE (tipo il MES, per intenderci). Lì il trucco era stato da tempo scoperto. E i malumori contro la UE, acuiti dalla Brexit, erano dovunque crescenti. Dopo aver mostrato il suo vero volto disumano con la Grecia, sulla quale si sono avventati gli artigli e le zanne degli avvoltoi internazionali senza che nessuno avesse un briciolo di pietà per quel disgraziato paese, nessuno avrebbe mai più accettato un “aiuto” dall’Europa. Ci voleva qualcosa di grosso, una vera “grossa crisi” che mettesse tutti in ginocchio, e facesse accettare ciò che fino a due anni fa sarebbe stato per tutti semplicemente inaccettabile.

E la crisi è arrivata. In Italia siamo stati particolarmente bravi, primi a mettere il lockdown, che è equivalso a un bombardamento aereo di una potenza nemica. L’Italia, per prima, ma poi tutta l’Europa, è stata letteralmente bombardata dalle restrizioni pseudo-sanitarie. E, anche se ora sono in via di smantellamento, le condizioni del sistema economico sono talmente compromesse che non solo non si può tornare al passato, ma che il processo di degenerazione e soprattutto di chiusura delle piccole attività può andare avanti anche con accorgimenti più modesti o quanto meno più nascosti (si pensi al boicottaggio del piccolo commercio con l’imposizione del lasciapassare infame).

L’unico paese non ricattabile in Europa forse oggi è la Bielorussia, l’unica che non ha conosciuto alcuna crisi pandemica, e che ha rifiutato tutti i doni “pelosi” per attivarla. E laddove le restrizioni sono state minori (ad esempio la Svezia, o lo stesso Regno Unito), senza apprezzabili differenze sul piano sanitario, oggi si ha un’economia più robusta e meno condizionabile dai ricatti esterni.

Laddove invece si è creduto fino in fondo alla narrazione di regime, il sistema economico è stato bastonato, piegato. Ed ora siamo con il cappello in mano a chiedere l’elemosina ai nostri stessi carnefici. In pratica è esattamente come nella metafora del mafioso che fa il danneggiamento e subito dopo offre protezione o magari l’acquisto del negozio a prezzi stracciati.

 

In queste condizioni il “gettito” del fondo, che replica (in peggio) il meccanismo condizionale dell’odiato MES, diventa una manna insperata, per la cui distribuzione si comprano e corrompono tutte o quasi tutte le forze politiche in campo, persino quelle che “fanno finta” di fare opposizione (e chi ha orecchie per intendere intenda).

Il politico famelico non vede l’ora di mettere le mani su una fettina di questa torta per qualche elettore, e al diavolo il Paese, la Patria, i Cittadini e tutte queste altre romanticherie. Non si avvede il politico famelico che questo passaggio finisce per delegittimarlo del tutto, togliendogli ogni ruolo e preparando una catastrofe istituzionale che non è più neanche tanto lontana.

 

Qualcuno dirà: “Beh, almeno un po’ di soldi ce li danno!”. E no, non fidatevi di serpenti e rettili vari, e dei loro doni. Non ci stanno proprio dando un bel fico secco. Intanto nel progetto hanno legato anche risorse esterne. Alcune sono fondi europei, che potevano essere spesi diversamente, e ora sono legati a doppio filo alle condizionalità richieste dall’Europa, e altri sono fondi statali, i quali, una volta legati al PNRR, sono legati a condizionalità europee pur essendo fondi che in astratto avremmo potuto spendere come volevamo.

Ma, venendo al cuore del finanziamento, si scopre che una gran parte di esso è nient’altro che un prestito, che comunque dovrà essere restituito con interesse. E non è detto che in questo momento le stesse risorse non si sarebbero potute reperire sui mercati a un tasso peggiore. La UE non ha meccanismi perequativi VERI che garantiscano la coesione economica e sociale che pure ha nelle proprie carte istitutive. In genere si limita a prestare fondi a usura, condizionando il prestito a una perdita di sovranità, quelle perdite di sovranità che vari capi di stato, di governo e di partito poi osannano nei discorsi ufficiali senza forse neanche capire di cosa stanno realmente parlando.

C’è una parte di trasferimento – è vero – ma questa è sistematicamente inferiore a quanto diamo all’Europa.

 

Se la UE avesse veramente voluto farci riprendere, avrebbe iniettato miliardi in un sistema depresso, creandoli dal nulla, con l’helicopter money, ma non lo fa. Ne immette meno, li presta, e poi chiede la condizionalità. Quale condizionalità? Ogni rata semestrale è legata al rispetto del raggiungimento di determinati target (che sono di tipo economico-sociale, cioè riguardano un modello imposto di società, nulla hanno a che vedere con la ripresa) e con il raggiungimento di determinati milestones, cioè di tappe intermedie. Hai privatizzato quel servizio che ti ho detto? Bene, ti stacco l’assegno. Non lo hai fatto, mi restituisci i soldi.

Capito perché sono tutti d’accordo nel sostenere Draghi? Capito perché non fiata nessuno? Sono d’accordo perché aspettano che venga staccato l’assegno. Ma l’assegno lo si stacca se si fa tutto quello che viene ORDINATO dai comitati d’affari, dalle lobby che rappresentano la reale governance della UE. Altro che MES…

Il Governo ogni 6 mesi presenta la relazione al Parlamento, che è completamente esautorato, ma soprattutto presenta i risultati a un comitato europeo, in cui entrano commissari europei e banchieri centrali, i quali diventano i veri padroni, e ci dicono cosa fare e non fare.

 

Poi, per assicurarsi che non ci sia troppa democrazia in fase esecutiva, i fondi sono gestiti unicamente dallo Stato, violando ogni competenza regionale, ordinaria o speciale, o degli enti locali. La politica locale e regionale è completamente esautorata. Ci sono solo alcuni progetti delegati a tali enti, per ragioni pratiche (sanità e “inclusione” soprattutto), ma i fondi restano statali, sotto la vigilanza statale, e la periferia è mero braccio esecutivo. NON ESISTE una politica regionale del PNRR. Tutto è centralizzato, ma non per favorire lo Stato in sé, bensì per semplificare il controllo europeo che sarebbe complicato sopra troppe autorità. Per coreografia, naturalmente, i “governatori” sono accolti in una mitica “cabina di regia”, che diventa un organo meta-costituzionale del tutto autoreferente, e in ultimo di carattere consultivo nei confronti del Presidente del Consiglio – Tecnocrate – Autocrate, dal quale dipende in ultimo tutta l’attuazione del Piano secondo i dettami del “nuovo ordine” che viene dall’alto. Capito perché i migliori? Capito perché Draghi forever?

 

Tra le finalità, a un buon ultimo posto, è messo il “Mezzogiorno”, eterna foglia di fico di questo stato falso sin dalla sua origine. Ciò è dovuto al fatto che il calcolo del fondo è stato fatto sulla base del reddito pro capite, e quindi l’Italia ha ricevuto (pur con tutti i suoi limiti) ciò che ha ricevuto, proprio grazie al Mezzogiorno. E quindi da qualche parte andava pur messo. Ma la quota che poi è andata o sta andando al Mezzogiorno non è proporzionale a quanto questo ha portato all’Italia né persino alle leggi vigenti. In pratica, nel grande reset europeo e mondiale in atto, c’è uno strapuntino, tutto italico, a favore del Nord, che minimizza così i danni, potendosi pagare una parte del lockdown ai danni dell’eternamente depredato Mezzogiorno. Ma questo è un problema tutto italiano. Draghi c’entra sino a un certo punto, nel senso che corrobora questa ulteriore violenza perché la trova così nel mercato politico nostrano. Nulla di personale contro il Sud. Sono solo equilibri di ciò che resta, delle macerie, della politica partitica italiana.

 

E infine andiamo al merito. Ma che sarà mai questa “ripresa”? Che si fa con questi soldi? Nulla a che vedere con la crisi in atto.

Se si entra nel merito si trova un grande, ambizioso, progetto di ingegneria sociale ed economica, che col Covid ha ben poco a che fare. Di sanità c’è poco, e quel poco sospetto abbia a che fare con il mantenimento di uno stato di latente e permanente crisi terroristico-pandemica con annesse spese folli (tamponi, mascherine, etc. invece di posti letto e medicina di base). La parte del leone è fatta dalla digitalizzazione (cioè dall’introduzione di un sistema di controllo sociale sempre più invasivo ed oppressivo), “verde” (che con le reali sensibilità ecologiche ben poco ha a che fare, ma non voglio appesantire troppo questo articolo per parlare di questa truffa nella truffa, già scoppiata nel 2019), “inclusione” (politiche di gender e di favore per l’immigrazione disordinata, in una parola lo scardinamento della triade “Dio-Patria-Famiglia”, che è una vera ossessione per gli ingegneri sociali al comando), e menate varie. E su questo sono stabilite tappe, indicatori, costi standard, etc.

 

Signori, è il programma del World Economic Forum, che in UE, e soprattutto nella ricattabilissima Eurozona, trova il suo campo di sperimentazione privilegiato!

 

Si sarebbe mai potuto fare senza una popolazione spaventata, inebetita, dalla crisi pandemica, senza una economia piegata a bastonate? Certo che no. La crisi sanitaria, con il suo portato di strumenti tecnologici, si rivela un passaggio essenziale per questa grande riforma.

 

Pessimisti? No, non è il caso via.

Nonostante tutto l’impegno del mondo questo progetto attira a sé solo la classe politica, corrottissima, e una schiera di burocrati, accademici e professionisti che ne traggono qualche vantaggio personale. Tutti gli altri sono fuori. Ma ormai il sistema è fallito. Le contraddizioni economiche sono troppo grosse perché il progetto possa riuscire.

La tempesta perfetta della crisi dell’offerta, inflazione, forse anche guerra, e comunque disordini causati dalle stesse assurde restrizioni all’economia porterà prima o poi tutto a saltare, a implodere. Lo Stato perderà il controllo del territorio. E sarà la fine. Per ora ancora mandano i manipoli nei bar a controllare i green pass, ma questo è soltanto segno di una fase terminale del regime, quella in cui si fanno leggi folli e si spendono le residue energie per tentare di farle rispettare.

Qualcuno di noi resterà sotto le ruote del carro, beninteso, ma la libertà verrà, verrà dopo l’inevitabile crollo di un regime ormai totalmente delegittimato.

 

Il cigno nero è arrivato, fortunatamente

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