Una recensione negativa: il censimento dei radical-chic di Papi

Si dice che se un libro non piace non si fanno le recensioni negative, perché quanto meno si fa pubblicità a uno scritto che sarebbe piuttosto da dimenticare.

E però raccolgo ugualmente questa sfida, perché a mio avviso il “caso” letterario merita una riflessione critica relativamente approfondita. Pazienza se qualcuno poi lo compra; potrà solo verificare se quanto scrivo è vero oppure no. Del resto sono per la libertà di pensiero, anche per le idee più strampalate.

Ricevo questo libro da persona a me molto cara e molto giovane, che lo reputa così interessante da ritenere che io non possa fare a meno di leggerlo. Dal titolo e dalle poche battute che me ne aveva fatto pensavo fosse una critica dell’atteggiamento radical-chic, oppure – perché no – una simpatica e leggera autocritica.

E invece no. La giovanissima suggeritrice non ha forse ancora gli anticorpi intellettuali per scorgere il sottile veleno che trasudano queste pagine, e quindi a mio avviso non coglie bene il significato dello scritto o semplicemente, e legittimamente, la pensa in modo diverso da me. Questo libro, al contrario, è a mio avviso semplicemente un’apologia del radical-chic, dell’intellettualismo decadente di “sinistra”, incapace di comprendere il progressivo isolamento e la progressiva crisi di credibilità e legittimazione degli intellettuali “di regime”, in un mondo che letteralmente sta crollando sotto i nostri occhi, e che si rifugia nella sempiterna presunta “superiorità morale” dell’intellighenzia sinistrese rispetto al becero “popolo”, incapace di comprendere, retrogrado, “deplorevole”, come gli elettori di Trump.

Il libro muove da un fatto, un dramma, assolutamente vero, che è sotto i nostri occhi per chi voglia vederlo e che personalmente mi fa soffrire molto. Il fatto è la progressiva decadenza della cultura: decadenza in sé, e decadenza come valore. La cultura, di cui il linguaggio è lo strumento di espressione per eccellenza, non trova più neanche la necessaria complessità dei codici per esprimersi. Una “neolingua” ipersemplificata, e volutamente volgare, ne prende il posto, proprio come in “1984”. Gli intellettuali che sono e vogliono faticosamente mantenersi eredi di questa tradizione millenaria, sono perseguitati e addirittura uccisi.

Il “bello” del libro, purtroppo, finisce qui. Il resto è – come tenterò di dimostrare – una spaventosa mistificazione.

Premetto che non l’ho letto tutto, non ce l’ho fatta. Arrivato al quarto capitolo mi sono fermato. Sono convinto che, per metafora, qualora ci si imbatta in un romanzo pornografico, non sia necessario percorrerlo tutto sino all’ultima pagina per vedere fin dove ne arrivano le bassezze. Quando hai capito hai capito, e lì puoi fermarti.

La mistificazione, a dir poco mostruosa, consiste nel dipingere questo decadimento del linguaggio e della cultura, nientemeno che come effetto di un paventato avvento al potere, nel nostro paese (per me solo “stato”, ma questo è altro discorso), di una maggioranza di potere “populista” che emargina le “opposizioni illuminate”, sempre più esigue e meno rappresentative della realtà. È vero: laddove l’ordine imperiale capitalistico occidentale va all’opposizione, non si riprende più, che si tratti di Ungheria o di Russia. Ma la ragione non va cercata nel trionfo dell’ignoranza. Senza voler difendere d’ufficio i due suddetti sistemi politici, o altri ancora, una cosa è certa: il collasso della cultura e della lingua insieme sono, al contrario, un esperimento sociale in atto proprio nel mondo in cui viviamo, con le persone che ora  sono al potere, non nella finta distopia pensata dall’autore.

Adesso lasciatemi fare una notazione personale, uno sfogo di cui chiedo perdono al lettore. Io, su questo tema, se mi è permesso, posso parlare; sono legittimato più di tanti altri. Mi fa soltanto rabbia che il primo sbarbatello che ha fatto un po’ di studi umanistici possa dire a me che sono un incolto ignorante. Non mi va certo di vantarmi. Però il lettore sappia che a 3 anni sapevo già leggere, che a 5 anni avevo letto i programmi di storia che arrivano oggi agli esami di stato, che in tutto il mio curriculum formativo ho sempre avuto le valutazioni più alte e che poi, a parte il ruolo lavorativo di studioso, ho sempre dedicato una parte della mia giornata, quella che mi lascia il mio già ricco impegno lavorativo, professionale, familiare, sociale e politico, alla lettura, dei più svariati argomenti. Non so se sono colto, ma curioso sì, sempre, con un gusto speciale per l’erudizione. Sono una specie di Callimaco dei nostri tempi, pago di spaccare il pelo in quattro nei più svariati temi. Solo che quando la cultura non è allineata al pensiero unico, allora è dileggiata, magari è “retorica sicilianista”. Quando invece è allineata, è “coraggioso impegno culturale”.

Già Togliatti, mi pare di aver letto, disse che “La Destra non ha cultura”. Ora, io non sono affatto di “destra” e non so più neanche che cosa significhino oggi destra e sinistra. Ma credo che siamo in questo caso in presenza di una forma sottile di totalitarismo. Chi non è d’accordo con “l’agenda” allora è senza dubbio “ignorante”, “non scientifico”: e nel nome della “scienza”, unica e sola Verità, può essere messo a tacere con ogni mezzo, togliendogli lo stipendio ad esempio, e quindi condannandolo di fatto a morte, come abbiamo visto fare in questi due ultimi infami anni ai danni dei dissidenti dal trattamento terapeutico di stato.

Abbiamo riso tutti delle battute sul berlusconismo e sulla sua volgarità, sul “senzadubbiamente” di Albanese; abbiamo votato in gioventù per Prodi per fermare questa barbarie, ma ora cosa ci troviamo? Ora ci troviamo la “cancel culture”, di cui nel libro, ovviamente, non c’è traccia alcuna. Io mi sento orfano, mi sento tradito da quella cultura che avrei voluto difendere e avrei voluto fosse difesa. E invece mi sono ritrovato governi europeisti che hanno fatto riforme di “buona scuola”, che hanno imposto la promozione universale, che hanno livellato i programmi, che hanno imposto l’inglese, anche di pessimo livello, in ogni interstizio possibile e immaginabile, ai danni delle lingue nazionali e locali.

No, non ci sto a sentire il predicozzo che “prima se la sono presa con gli immigrati, poi con gli omosessuali e ora con gli intellettuali”. No. È proprio il governo del partito unico globalista, nelle sue false contrapposizioni tra “sinistra” e “destra” che pezzo per pezzo ha smontato l’istruzione pubblica, che ha incentivato i tirocini diseducativi e inutili, l’agenda 2030, le giornate dell’odio varie, le campagne del politicamente corretto, tutto sempre e a senso unico a discapito delle ore curricolari, sempre meno “importanti”, e quindi desuete, quasi sopportate. Sono proprio gli amici dell’autore che hanno bollato il “tema” come esercizio retorico di tempi andati, da sostituire con un florilegio di “composizioni brevi”.

No, il Popolo, quando si ribella contro la servitù sempre più evidente che le élite del mondo decadente occidentale ha previsto per loro, non ce l’ha con la cultura, ce l’ha con la falsità e le ipocrisie ormai palesi di un mondo che ha fallito, che ha mancato tutte, ma proprio tutte, le proprie promesse. Non c’è più alcuna mobilità sociale, solo precarietà e disperazione. Non c’è più libertà, immolata sull’altare di una impalpabile “sicurezza”. Non c’è più democrazia, evaporata nelle “cessioni di sovranità”. Non c’è più nulla, ma “tutto questo” il Papi o il Gramellini di turno, come “Alice” di De Gregori, “non lo sa”.

Non lo sa e non lo capisce, né si sforza di capire. Si descrivono nel libro vite di modesti intellettuali, quando invece gli intellettuali di regime sono con i piedi ben al calduccio, con casa e villa al mare. Mentre gli intellettuali, quelli veri, quelli coraggiosi, quelli che sanno opporsi al regime, quelli sì vivacchiano con stipendi da fame, non hanno accesso ai media e, se per caso ciò succede, vengono subito fatti sparire, subissati da infamanti accuse di incompetenza e ignoranza. “Fanno bene a radiare i medici dissidenti!”, “Giusto! A morte!”.

Si costituiscono veri e propri “Ministeri della Verità” per evitare che le fake news (cioè semplicemente le interpretazioni dei fatti non gradite al regime) colpiscano menti innocenti. La gente comune, pur privata di una decente istruzione pubblica, tutto ciò lo intuisce, e comincia a delegittimare gli intellettuali di corte, i finti poveri (perché magari hanno il golf, anziché la giacca e la cravatta che il povero professorino discriminato porta ancora come l’abito della festa), i ruffiani del potere.

Lo scollamento tra paese legale e paese reale è sempre più palpabile, e forse prepara una fine inevitabile. Ma l’intellettuale di corte non trova di meglio che attribuire tutto ciò al becero populismo, alla crassa ignoranza degli “antisistema” che, quando “Dio non voglia” prenderanno il potere, allora li discrimineranno e li verranno a prendere a uno a uno. E quindi danno patenti di ignoranza, dall’alto della loro indubitabile superiorità culturale e morale.

In una parola il libro è “illegibile”; illegibile perché fondato su una mostruosa mistificazione: negare che la semplificazione barbara della neolingua è un’operazione elitaria, e non certo popolare. Chi non ha capito questo, non potrà capire mai la più complessa operazione di ingegneria sociale che la storia abbia mai sperimentato. Chi legge il libro, è addirittura depistato, individuando un falso nemico (i “populisti”), vedendosi nascosto quello vero, che sta distruggendo le identità dei popoli faticosamente accumulate nei millenni. Che poi i Populisti nemici spesso lo sono per davvero, ma per la ragione opposta, cioè perché sono quasi sempre creazioni laboratoriali di “gate-keeping”, per incanalare e dirottare il dissenso in modo da neutralizzarlo.

Non so se tutto ciò derivi da malafede o insipienza o supponenza. Ma parlare di una “schedatura” di intellettuali elitari, proprio quando stiamo sperimentando sulla nostra pelle ben altra e opposta schedatura, quella tristemente nota in tutti i totalitarismi dei “dissidenti” (di pochi giorni fa l’elenco dei Twitter “Z” e di coloro che questi seguono), è un capovolgimento della realtà, un servizio alle élite sanguinarie e disumane che ancora reggono le sorti di questo impero morente (speriamo per poco), uno stravolgimento che letteralmente grida vendetta.

Come grida vendetta occultare che l’impoverimento e imbarbarimento del linguaggio complesso fa rima con lo svuotamento della Costituzioni, con il servilismo della Magistratura, con la ghettizzazione della dissidenza, e altre infamità di questi tempi così ricorrenti che non mette neanche conto richiamare.

Chi nega quel che sta realmente accadendo, e addita come nemici coloro che coraggiosamente si oppongono a questo stato di cose, non è solo di corte vedute. È semplicemente complice.

 

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