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Nell’ultimo numero di Limes l’Italia si accorge che esiste la Sicilia (II parte)

(continua, qui la I puntata)

Proseguiamo con la presentazione dei passi salienti di un numero storico della rivista Limes, per metà dedicato alla Sicilia, e per l’altra metà al ruolo che i diversi paesi esercitano nel Mediterraneo.

Alcuni dossier sono particolarmente interessanti…

 

Intervista a Calogero Mannino, persona informata di fatti e persone. Certo, stiamo parlando di un rappresentante di quella malapolitica siciliana che ha tenuto la Sicilia incatenata come colonia dell’Italia, quindi non può sconfessare l’Unità. Per il resto, comunque, la sua testimonianza è preziosa. Ci limitiamo a sottolineare i passaggi più… scandalosi, secondo la verità ancora ufficiale.

 

Limes: La Sicilia è ancora Italia?

Calogero Mannino: Sì. Ma l’Italia è un paese a rischio smembramento.

…Come già altre volte nella storia, non mancano le potenze interessate a proiettarsi nella Penisola e nelle isole, Sicilia in testa, approfittano del vuoto che vi si sta aprendo, non solo al Sud. Così ci spingono alla deriva.

Limes: Chi punta ora di più alla Sicilia?

Mannino: Secondo molte apparenze e alcuni fatti anzitutto la Cina, che vi dispone di antenne, attività commerciali e parabancarie nominalmente non sue, di fatto certamente sì. La tappa a Palermo di Xi Jinping, durante la sua visita in Italia del marzo 2019 per la firma del memorandum d’intesa con il governo Conte, sigilla questa attenzione.

 

Limes: E le potenze europee?

Mannino: …Oggi lo Stretto di Sicilia è più francese che italiano. Con il consenso degli Stati Uniti…. Oggi la Sicilia è la capitale mondiale delle telecomunicazioni Usa.

 

Limes: La Sicilia è nazione o regione?

Mannino: La Sicilia si è sentita storicamente nazione, ma non ha mai acquisito vera dimensione di Stato [e qui è una sua ignoranza, Mannino conosce bene la storia contemporanea, ma probabilmente anche lui del Regno di Sicilia sa ben poco…]. Oggi è Regione autonoma dotata di statuto promulgato da Umberto II… Questospeciale statuto precede e condiziona in senso regionalistico la costituzione…. Ma oggi è letteralmente destrutturato, depotenziato, ridotto al limite del mero funzionamento formale. [E qui abbiamo ulteriore conferma del fatto che l’Autonomia siciliana, conquistata con una guerra civile, è stata nella sostanza abrogata.]

Senza la contestuale confluenza e divergenza d’interessi tra Francia e Gran Bretagnanon avremmo l’Italia unita. E nemmeno la Sicilia italiana. E senza la spinta degli Stati Uniti… avremmo rischiato la disgregazione dell’Italia, con la Sicilia parte di un Regno del Sud o indipendente. [Quindi non siamo italiani “per eterno destino”, ma per una serie di eventi storici precisi, aggiugerei, eventi “sfortunati”.]

 

Limes: È vero che il separatismo siciliano… fu alimentato da Stati Uniti e Gran Bretagna?

Mannino: … Ma bisogna distinguere. E soprattutto non cadere nella stupida vulgata della partecipazione mafiosa alle operazioni militari, neppure sotto il profilo di eventuali servizi logistici o informativi. Su questa leggenda esiste un cumulo di improvvisazioni [cioè, stiamo parlando di tutta la storiografia “di sinistra” e ufficiale … fino a Pif], opera di superficiali commentatori o pseudo-analisti geopolitici e, peggio, dichiarazioni rese in sede giudiziarie da pseudo-collaboratori….

Gli inglesi si sono da sempre occupati della Sicilia in quanto chiave mediterranea del loro impero. È a Londra che il siciliano Francesco Crispi, … gioca la partita che consentirà nel 1860 a Garibaldi di sbarcare a Marsala, … Importante è anche il ruolo della massoneria, che le élite inglesi alle sicule. [E questo si sapeva, ma fino alle celebrazioni dei 150 anni di “Unità” del 2011 e oltre non è che se ne sia sentito tanto parlare nei circuiti ufficiali.]

 

Limes: Quando vi sbarcano, inglesi e americani la pensano allo stesso modo sulla Sicilia?

Mannino: No…..Londra non esclude di smembrare l’Italia…..Roosevelt e poi Truman sono convinti che la Sicilia, chiave del Mediterraneo, debba far parte dell’Italia unita…..

…In ambito inglese non mancano voci favorevoli al distacco della Sicilia dall’Italia… Nell’ambito del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia alcuni esponenti britannici stringono intese con aristocratici latifondisti come Lucio Tasca, il barone Stefano La Motta di Monserrato, il principe Francesco Paternò Castello duca di Carcaci, ma anche laici progressisti quali Andrea Finocchiaro Aprile e Concetto Gallo. La logica imperiale britannica individua nella Sicilia il perno del Mediterraneo.

Quanto all’Unione Sovietica e ai suoi referenti italiani del Pci, non vogliono alimentare il separatismo….

 

Nel mio libro di storia politica della Sicilia ne parlo: l’indipendenza fu sponsorizzata dal Regno Unito, ed avversata da Stati Uniti e Unione Sovietica. Sconfitti per 2-1, ci ritroviamo nell’attuale pantano.

 

Limes: L’autonomia siciliana è compromesso fra unitaristi e separatisti?

Mannino: … Il compromesso sull’autonomia certifica nella sua radice internazionale il rilievo strategico della Sicilia. Rappresenta un passo decisivo nelle operazioni militari e politiche in corso dopo l’8 settembre per preservare l’Unità d’Italia.

 

L’autonomia come tappa e compromesso verso l’indipendenza. Altro che padri statutari… Ma anche come strumento per salvare una unità impossibile altrimenti. Avremmo dovuto e potuto valorizzarla con un partito semi-indipendentista di massa, nel Dopoguerra. L’abbraccio con la DC si è rivelato mortale.

Poi si parla d’altri temi, con una stoccata finale.

 

Limes: Si spieghi.

Mannino: Durante la guerra fredda e la Prima Repubblica, … il potere in Sicilia è dello Stato. Ma attraverso strutture parallele di altri Stati è condizionato, se non partecipato, dalla mafia… Quando negli anni ’80… lo Stato cerca di riaffermare… la sua funzione di direzione politica e di controllo sull’isola, Cosa Nostra, versione ultima della complessa galassia mafiosa, reagisce con ferocia.

… Con il maxiprocesso di Palermo, avviato nel 1986, lo Stato sembra avere la meglio. Ma poi prevale il caos…. Da allora Sicilia e Italia sopravvivono nel vuoto…

 

Uno dei protagonisti della Prima Repubblica ci dice, in modo velato, che durante la stessa, il potere in Sicilia era condiviso tra Cosa Nostra e Stato. Alla luce del sole. Questo dava, paradossalmente, un po’ di autonomia sostanziale alla Sicilia, anche se quella autonomia non poteva strutturalmente creare sviluppo. Interessante anche la testimonianza sul collasso di Cosa Nostra (tenuta artificialmente in vita dai professionisti dell’antimafia), e dal fatto che al suo posto non si è generato alcun sistema alternativo ma semplicemente il vuoto. Un vuoto da cui dobbiamo assolutamente uscire.

 

Altro tema trattato da Limes è quello della pesca, in due articoli. Ma qua, per ragioni di spazio sarò veramente sintetico.

Sulla pesca, sintetizzando in due parole, ci spiegano che c’è una guerra non dichiarata, ma è una guerra strana. L’Italia non combatte, si limita a pagare i nostri nemici. E a sacrificare i nostri interessi vitali. E lo fanno seguendo minuziosamente tutte le fasi storiche, dall’indipendenza tunisina, anzi da prima, quando c’era il protettorato francese, fino ad oggi.

 

Da oltre sessant’anni, la flotta peschereccia siciliana, in particolare quella di Mazara del Vallo, è al centro di un conflitto mai dichiarata…. Non è una guerra convenzionale, ma un infinito rosario di episodi di guerriglia.

…La ferita è più profonda. Anche per questo il settore ittico siciliano rischia di scomparire…

Di fronte a tale catastrofe economica, l’Unione Europea ha chiuso gli occhi…. Per Bruxelles è sempre stato prioritario il supporto alla pesca nordeuropea. [Di fronte alla tragedia di un settore economico vitale per la nostra economia, Italia ed Europa, teoricamente nostri rappresentanti, lavorano contro di noi o si girano dall’altra parte. Poi dice che uno diventa indipendentista…]

…L’Unione Europea detta regola e contingenti. Ma i suoi interventi spesso si sono rivelati misure capestro per gli operatori della costa mediterranea. Basti pensare alla norma che ha indotto molti a demolire i propri pescherecci in cambio di un contributo una tantum. Quel che veniva demolito non era il peschereccio ma una dimensione umana. Nel Mediterraneo le regole non sono uguali per tutti: la pesca degli Stati europei è regolamentata, al contrario di quella dei paesi extraeuropei.

 

C’è un ampio spazio, su questo numero, dedicato all’esigenza per l’Italia (quindi per la Sicilia) di definire come hanno fatto tutti una Zona Economica Esclusiva. Ormai il mare non è più terra di nessuno, è diviso come se fosse terra. Solo l’Italia coltiva il sogno ottocentesco di limitarsi alle acque territoriali. Fuori dal tempo e vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. Le regole ci sono, le trattative nei casi dubbi si possono fare. L’Italia ancora non ha fatto niente, tanto il problema riguarda quell’appendice chiamata Sicilia, che non si sa bene perché appartenga all’Italia. Nel frattempo i nostri pescatori osservano il fermo biologico mentre chiunque ci viene a pescare sotto il naso, depauperando le nostre preziose riserve ittiche.

Non abbiamo spazio per approfondire questo tema, né tutte le fasi storiche, ma un passaggio grida vendetta.

 

Con la fine del’invasione francese e l’indipendenza… la Tunisia ha sete di armi per il suo nascente esercito. E le chiede al governo italiano.

A Roma la prospettiva non piaceva. Fornire armi e munizioni alla Tunisia significava compromettere le relazioni con l’Eliseo…. Così l’Italia decise di dare priorità all’alleanza con la Francia, senza tener conto delle conseguenze di una simile impostazione sulla nostra pesca.

 

La pesca siciliana quindi non fa parte dell’interesse nazionale italiano!

 

Altro momento cruciale l’epoca di Gheddafi, peggiorata dal 2011…

 

La crisi delle migrazioni… farà aprire il portafogli al governo italiano. Con interventi che spesso indirettamente danneggiano i pescatori siciliani. Un esempio su tutti è il sostegno offerto dal nostro governo alla Guardia costiera libica…

 

In buona sostanza l’Italia fornisce alla Libia i mezzi con cui catturare i pescherecci siciliani.

In altro articolo, dedicato al dualismo Nord-Sud, leggiamo in una tabella che la Sicilia è per dispersione scolastica davvero un altro paese.

Queste le drammatiche cifre.

 

Centro-Nord  12%

“Sud” 17%

Sicilia 22,5%

 

La Sicilia sotto la dominazione italiana letteralmente è in agonia, questo dato ne è l’ennesima conferma…

 

Tornando brevemente alla Zona Economica Esclusiva.

…nel 1971 concordammo un limite della piattaforma continentale che riconosce effetto quasi pari a zero (tranne un miglio oltre le acque territoriali a Pantelleria) alle Pelagie …. potremmo fissare come limite una mediana tra Tunisia e le Pelagie che riconosca queste un effetto (sia pure inferiore al 100%).

 

Questo penso renda l’idea di quanto l’Italia ci tiene alla Sicilia: le Pelagie hanno le loro acque territoriali strette strette strette, Pantelleria appena un miglio in più.

E questo per quanto riguarda la Tunisia, ora brevemente sulla Libia.

 

Disporre di un confine marittimo con Tripoli di adeguata estensione è un elemento della massima importanza per il ruolo di stabilizzazione dell’Italia e per i suoi interessi, oltre che un diritto: la nostra Zona Economica Esclusiva deve essere quanto più a diretto contatto con quella libica in quanto è questo il nostro principale “estero marittimo vicino”.

 

Quindi la definizione di un confine marittimo con la Libia è una cosa importante per la nostra sicurezza e per la nostra economia. Il mare non è terra di nessuno. Tutti lo chiudono, perché noi no? Oltretutto, in altre parti del numero si chiarisce chiaramente che ormai ci sono e resteranno a lungo due Libie, altro che “guerra”. La questione dei migranti con ciascuno di questi due governi può essere risolta tranquillamente, ma lo si deve volere. Non esiste più un “mare di nessuno”. Sull’acqua c’è un vero e proprio confine e i confini si devono difendere. Punto.

 

Veniamo ad un altro articolo: “A che serve la Sicilia”, di Carlo Jean

 

La principale isola del Mediterraneo conta sulla sua posizione strategica, importante per gli Stati Uniti in quanto hub logistico, di comunicazioni e di intelligence. Essenziale che l’Italia rinegozi l’uso delle basi Usa di Niscemi e Sigonella. Ma non sa farlo.

 

Ma perché questa importanza la deve rinegoziare l’Italia, che non sa o non vuole farlo, e non potrebbe farlo direttamente la Sicilia?

 

La Sicilia si trova al centro del Mediterraneo…La sua importanza per i traffici internazionali si è recentemente accresciuta… Il ruolo della Sicilia è mutato nel corso della storia con quello del Mediterraneo… Con la nuova centralità del Mediterraneo, anche il suo ruolo politico sta tornando tale.

 

Ma come? Non siamo terra povera? D’emigrazione e mafia? Terra di dolore? Ora si scopre che abbiamo una posizione non solo strategica ma di importanza crescente, e dov’è il nostro dividendo?

 

…Italia… Quest’ultima ha più o meno contenuto, ma non soppresso, le aspirazioni dell’isola all’indipendenza….

 

Quindi traspare chiaramente che chi conta e pensa, sa benissimo che la Sicilia non è Italia. Solo così si spiega la non sopprimibilità delle aspirazioni siciliane all’indipendenza.

 

 

Sulla visita di Xi nel 2019 in Sicilia, ancora, hanno capito benissimo che non era per far vedere alla signora i mosaici della Cappella Palatina, ma era un chiaro segnale dell’interesse cinese per la nostra Isola.

 

Anche la Sicilia è terreno di competizione nel confronto fra gli Usa e la Cina: basti pensare al tentativo cinese di costruire un aeroporto a Enna, subito contrastato da un tycoon indiano che voleva costruirne un altro vicino a Palermo.

 

Naturalmente l’Italia blocca tutto. Impedisce alla Sicilia di avere infrastrutture, che siano cinesi, indiane o americani.

 

Sul tema si torna con un articolo apposito, di Giorgio Cuscito: “La strategica Sicilia non sarà cinese”. Di seguito, alcuni passi salienti, senza bisogno di particolari commenti.

 

Pechino si interessa all’isola perché punto di osservazione dei flussi che attraversano il Mediterraneo e frontiera tra Europa e Africa. Usa e Italia difficilmente consentiranno alla Cina di investire nei porti di Palermo e Catania, prossimi alle basi militari di Sigonella e Niscemi.

… Questi fattori conferiscono una particolare rilevanza alla visita compiuta dal presidente cinese Xi Jinping a Palermo nel 2019,…

 

Xi ha dimostrato di avere qualche conoscenza storica della Sicilia almeno due anni prima della sua visita in Italia. Nel 2017, durante la missione… ha evocato la vicenda di Prospero Intorcetta, celebre missionario gesuita,… che…. Volle che sulla sua tomba si scrivesse “di nazione siciliana, di patria piazzese”.

 

La visita del Presidente cinese a Palermo… aveva quindi due scopi…. Secondo, indirizzare l’attenzione delle imprese e della popolazione cinese verso la strategica Sicilia. I media italiani hanno sottovalutato l’importanza dell’ingresso di Xi a Palazzo dei Normanni e poi nella Cappella Palatina.

 

Tuttavia, i vincoli definiti dalla nostra sicurezza nazionale, le crescenti tensioni sino-statunitensi e la dimestichezza di Draghi con gli apparati americani scoraggeranno la rivitalizzazione dei rapporti on Pechino nei settori portuale e tecnologico. Specialmente nella strategica Sicilia.

 

Non mi soffermo sulla seconda parte del numero, solo indirettamente legata alla Sicilia, se non per Malta, di cui gli autori dimostrano di avere una maggiore consapevolezza della nostra della sua storica appartenenza alla “zolla” geopolitica siciliana.

 

Strappata dagli inglesi ai Borboni nel 1800 per impedire a un soggetto italiano di conquistare le onde, la nazione semita è parte dell’arcipelago siciliano, dunque versante meridionale della Trinacria, porzione dello spazio geografico italiano. Oggi elaborazione strategica nostrana applicata al mare nostrum non può escludere il controllo formale o informale su Malta.

 

I Maltesi stiano attenti quindi agli italiani! Qualcuno ha messo gli occhi sull’unico lembo libero di Sicilia.

 

Malta…Per l’Italia – che ne ha perso le tracce dal 1798, quando fuoriuscì dal Regno di Sicilia cui era formalmente ancorata, sebbene infeudata all’Ordine di San Giovanni dal 1530.

 

Quando mai in Italia si è parlato di “Regno di Sicilia” e non di “dominazioni”? Tanto di cappello…

 

Malta è parte dell’arcipelago siciliano… Il Maltese è l’ultimo dialetto superstite della variante siciliana dell’arabo…ad accrescere il valore geostrategico di Malta vi è proprio la mancata aggregazione all’arcipelago siciliano, che l’avrebbe schiacciata all’ombra dell’isola maggiore….

 

Vero! Malta si è salvata perché sottratta alla Sicilia. Altrimenti, se fosse stata aggiogata all’Italia sarebbe stata solo una grande Pantelleria. E se la Sicilia fosse stata libera, solo un pallido riflesso della grande rendita di posizione della Sicilia sarebbe andata a Malta. Ma chi ci perde in ogni caso finora siamo noi.

 

Insomma, in sintesi, dobbiamo complimentarci con questi analisti e con il Direttore Caracciolo che li ha coordinati. Questa volta ha superato se stesso. Solo i Siciliani non sono ancora mediamente consapevoli delle opportunità che ci si stanno parando davanti. E soprattutto la mediocrissima classe dirigente che si accontenta delle sempre più misere briciole della dominazione italiana. Speriamo che questo articolo contribuisca a svegliare qualcuno.

Nessun paese si è mai liberato senza adeguata classe dirigente che gestisca il divorzio. Speriamo questo sia un primo passo avanti.

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