Tu ci chiudi Tu ci paghi un movimento siciliano

Tu ci chiudi tu ci paghi

La Sicilia emerge quando meno te lo aspetti. I provvedimenti di Conte interessano tutta l’Italia, ma il movimento “Tu ci chiudi Tu ci paghi” ha caratteristiche spiccatamente siciliane, e vorrei dire anche larvatamente sicilianiste, almeno nella sua componente più spontanea, lasciando da parte i gruppetti di estremisti che si infiltrano sempre e ai quali le TV di sistema danno massima enfasi.

La protesta è giusta ed equilibrata, e si va a innestare in un momento di vuoto politico. Non entro nel merito delle polemiche sul “Regime terapeutico”, assai divisive. Ho le mie idee, ne parleremo in un altro articolo. Il Popolo, nella sua maggioranza, anche tra chi manifesta, non mette minimamente in discussione la presenza del virus, ma giustamente non vedono alcun legame tra i provvedimenti autoritari e di distruzione dell’economia e le reali e motivate scientificamente ragioni sanitarie di precauzione.

Vi è anche da dire che, però, nonostante gli striscioni talvolta contengano il sacro nome della Libertà, la rabbia è scatenata non da astratte violazioni di principi costituzionali, ma dalla fame in cui è gettata una parte importantissima della nostra società. Il Governo statale questo lo sa bene, e per questo sta “comprando” il silenzio delle categorie interessate con il “ristoro”, cioè – tradotto – con altri debiti contratti coi padroni del mondo che fanno scendere ancora qualche gradino nella dipendenza del Paese.

Ma questo riguarda l’Italia, tutta l’Italia.

Io colgo in questa manifestazione uno specifico siciliano. I Siciliani stanno scoprendo che le condizioni economiche, finanziarie, strutturali, anche sanitarie, della loro Terra sono diverse da quelle dello Stato di cui fanno parte, che sentono sempre più lontano. Sempre più siciliani scoprono il valore dello Statuto e spingono un pavido Presidente a ricordarsene, magari a giorni alterni.

L’ho visto parlare da Liguori, e specificare alcune cose importanti, anche soltanto relative a principi astratti: che è “Presidente” e non “Governatore”, che la Regione è “Siciliana” e non “Sicilia”, e che l’Autonomia preesiste alla Repubblica, che l’ha trovata concessa già da Umberto II di Savoia.

Tra parentesi, Liguori ha parlato in quell’occasione con rispetto della nostra specialità, un rispetto che non siamo abituati a sentire nell’immondizia italica televisiva, come quella, recentissima, di Striscia la Notizia, in cui il duo siciliano che non fa più ridere, Ficarra & Picone, complice la Petix, ancora scambiano gli operai della forestale con il corpo forestale, danno letteralmente i numeri sull’organico, parlano di “concorsi alla Regione” che solo chi non ha mai messo piede da quelle parti può dire, ed altre infamie simili…. C’è anche un giornalismo italiano buono, ricordiamocelo e riconosciamolo pubblicamente.

Peccato, però, che lo stesso Presidente non vada oltre le petizioni di principio. Dileggia ora questo ora quell’articolo della Costituzione Siciliana (lasciatemi chiamare così lo Statuto). Fa una delibera nel 2018 per ricontrattare la parte finanziaria dell’attuazione dello Statuto e da allora non se ne sa più nulla.

E soprattutto certe volte non si sa se si comporta in un certo modo per prudenza, per paura (ma di che?), per subalternità…. Vuole imitare Trento e Bolzano, ma lo fa sottovoce, con una legge-delega che entrerà in vigore tra 20 giorni, quando forse ci richiudono tutti, e anche là rinvia a successive ordinanze. Quando invece potrebbe prenderle subito, anche illegittime, dando un po’ di respiro all’economia siciliana almeno per qualche settimana.

In questo scenario si è sviluppato un vuoto politico che nessuno riempie, come ricorda qua l’amico Giulio Ambrosetti. Siamo d’accordo: “Tu ci chiudi Tu ci paghi” sente confusamente questo vuoto, che nessun partito italiano è in grado di intercettare, e chiede uno spazio di libertà per la Sicilia.

“Tu ci chiudi e tu ci paghi” ha molti che tentano di cavalcarlo, da estremisti di destra e sinistra, che non potranno mai farcela a ben vedere. Anche De Luca, il sindaco di Messina, con il suo innato fiuto populista l’ha capito. Ma – ci perdoni – viste le pregresse e ondivaghe uscite, non pare affatto credibile.

Chi può dare voce a quelle bandiere siciliane? Il mondo dell’indipendentismo, Siciliani Liberi, che però deve ancora crescere molto per essere percepito come alternativa di governo. E crescerà, ma forse si deve creare uno schieramento ancora più ampio, che coinvolga, se ci sono, gli autonomisti  veri. Nel mondo ex grillino ce ne sono molti. E non mi riferisco solo alla deputazione di Attiva Sicilia, che pure va vista con interesse in questo momento, o ai non pochi parlamentari delusi e usciti dal gruppo. Mi riferisco ai tanti semplici militanti ed elettori, molti dei quali avevano realmente creduto che il Mov lottasse per una radicale attuazione dello Statuto e si è ritrovato un partito centralista e globalista.

Tu ci chiudi tu ci paghi ha bisogno di una risposta e questa può darla solo la Sicilia stessa. Ma poi chi paga? Il debito? La Sicilia per poter pagare la propria sanità e il disagio della crisi deve avere un prodotto interno lordo, e per avere un prodotto interno lordo non si può chiudere tutto. Rischiamo di avvitarci in un circolo vizioso.

Intanto stiamo a vedere cosa succede negli USA il 3 novembre. Qualcosa mi dice che quello che succede laggiù potrebbe riguardarci molto da vicino.

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