Europee 2024: che fare?

Molti amici mi chiedono se è opportuno votare e per chi alle prossime elezioni europee.

Le considerazioni che fanno i “risvegliati” (quelli veri non gli “woke”, che in realtà sono addormentati, anzi, ipnotizzati), sono molto lucide.

I 4/5 della legislazione vengono ormai da Bruxelles, anzi direttamente dalla Commissione europea, che poi negozia, più o meno, con gli stati riuniti nel Consiglio, mentre il Parlamento fa soltanto coreografia, e, per quel po’ che fa, fa più danno che altro, con mozioni globaliste telecomandate dai partiti europei.

Questa legislazione e queste mozioni sono quanto di più anti-umano si possa immaginare. Chi è sveglio sa che ormai la UE è, e lo è alla luce del sole, il docile strumento del WEF per realizzare un’agenda distopica.

Tutto il male cola da là. La UE è irriformabile, altro che “cambiare l’Europa da dentro”.

Tutto è studiato perché nessuna voce di diverso segno possa prevalere.

In una parola, la UE è … irredimibile.

Beninteso, in un mondo utopico non sarebbe poi malaccio una sorta di confederazione che metta insieme paesi affini per cultura e tradizione e che questi paesi mettano insieme un po’ di risorse per una mutua solidarietà, per la sicurezza comune, per dirimere le controversie economiche, in spirito di pace e di collaborazione, mantenendo ciascuno la propria sovranità.

Ma siamo sicuri che questo “coacervo” di paesi debba essere proprio quella espressione geografica senz’anima chiamata “Europa”. Non esiste una “nazione europea”, e neanche un fascio di nazioni europee unite da qualcosa.

L’unica cosa che avrebbe potuto unire l’Europa, dandole un’anima, sarebbe stata la lingua latina, la religione cristiana (anche come fatto culturale, prima ancora che di fede), un’eredità culturale, letteraria, artistica, filosofica ben riconoscibile. Non si è voluta scegliere questa strada, ma quella del carbone e dell’acciaio, che poi ha condotto alla moneta unica (anziché comune). Forse, utopicamente, un’altra Europa sarebbe o sarebbe stata possibile, ma… non è questa!

Questa non è l’utopia; questa è potenzialmente la distopia. Una parodia dei valori di democrazia e di libertà, che pure dell’Europa potrebbero costituire un altro valido denominatore comune.

Da quando, nel 2019/20, si è deciso che il singolo, la persona umana, non aveva più valore rispetto ad un presunto “bene comune”, di cui solo pochi sacerdoti sono i misteriosi depositari, l’Europa è fallita. È fallita moralmente, prima ancora che militarmente o economicamente.

Il resto verrà giù da solo, nei prossimi mesi o anni, è solo questione di tempo. E se per disavventura ciò non dovesse accadere, sarebbe ancora peggio, perché dove passa l’Europa non cresce l’erba, tutto va in necrosi: famiglie, natalità, lavoro, reddito, imprenditorialità, servizi pubblici, sicurezza, e così via.

Posto questo, torniamo al nostro dilemma iniziale? Votare? E, se sì, per chi?

In tutta Europa, i popoli, benché si faccia tutto per addomesticare e truccare le elezioni, si faranno sentire, scardinando i vecchi equilibri. Con tutto ciò nessuno pensi che possa emergere una maggioranza che disponga una “demolizione controllata” del mostro. Secondo me i due vecchi blocchi, fintamente contrapposti, di conservatori e socialisti, con in mezzo i giullari liberal-liberisti o verdi, avanguardie della distopia, prenderanno sì una sonora batosta, ma saranno ancora in grado di compattarsi, e fare una qualche “maggioranza Ursula” o “maggioranza Draghi”, e tirare a campare, in maniera sempre più dispotica e odiosa, per i prossimi 5 anni.

Sì, in Europa, ma in Italia? E in Sicilia?

Andiamo con ordine.

Intanto sgombriamo il campo da un equivoco. Secondo alcuni se vuoi uscire dall’Europa non devi neanche andare a votare. Errore! L’UKIP è stato presente in forze a Bruxelles, e da lì ha condotto la sua vittoriosa battaglia per liberare il Regno Unito da questo mostro (salvo poi, sul piano interno, abbandonare gli elettori nelle grinfie degli europeisti di destra o sinistra, lasciando intatta la distopia, sia pure su scala minore, ma questa è altra storia).

Lo stesso errore, idiota se permettete, che fanno quegli indipendentisti siciliani che decidono che non si vota alle politiche perché “loro non sono italiani”. Stupidi! Lo Stato Italiano (e su scala l’Unione Europea), poi, con i voti di chi è andato a votare, ha tutti gli strumenti per entrare nelle loro case e fare di loro quello che vuole. Ma – parafrasando il noto Totò di uno sketch televisivo di tanti anni fa – anche se prendono botte, se la ridono, perché “loro non sono Pasquale”.

Il non voto non è una scelta piana e sicura: è una extrema ratio, da usare solo quando non c’è più alcuna alternativa.

E, in Italia, ci sono i ribelli all’ordine europeo? O ci sono solo “gate keepers”, come lo è stato il Movimento 5 Stelle in passato, o in un tempo più recente, e alternativamente, ora Fratelli d’Italia, ora la Lega, o, persino, l’Italexit di Paragone?

Il panorama italiano, a differenza di altri paesi, è a dir poco desolante.

Non c’è una grande forza sovranista (nel senso vero, lasciate perdere le boiate del centro-destra attuale) come in altri paesi? No, non c’è.

Preciso, ad orientamento del lettore di passaggio, che “sovranista” non vuol dire “di destra”. “Destra” e “Sinistra” sono etichette ormai vuote. Ormai l’unica contrapposizione che accetto è “sovranista” (cioè dalla parte dei popoli), versus “globalista” (cioè dalla parte della finanza apolide). Ci può essere qualche scelta tattica in mezzo, di provvisoria moderazione, ma la scelta di fondo è questa, non altra.

Ovviamente l’essere sovranista non vuol dire per forza essere brave persone. Ci possono essere mille difetti, anche gravissimi, ma è condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per ogni tipo di riscatto.

Le forze sovraniste, buttate fuori dai partiti ufficiali, devono faticosamente emergere, per selezione naturale, dal pulviscolo delle formazioni extraparlamentari. Non ci sono scorciatoie.

Altro pregiudizio da sfatare è che “bisogna unirsi tutti”. Tutti chi? Solo quando un soggetto migliore degli altri occuperà lo spazio politico in questione, tutti gli altri meno adatti, per selezione naturale, spariranno. Le unioni sono defatiganti e impossibili, se non tra pochi soggetti, realmente omogenei e volenterosi.

E chi sta emergendo o potrebbe emergere da queste elezioni?

Tutto il pulviscolo si è andato a costituire alla corte di un vecchio democristiano siciliano, abbagliato dalla mancata necessità di raccogliere firme. Si sono attaccati a De Luca come la polvere al swiffer: di tutto, molliche, capelli e insetti morti.

Dimostrando in tal mondo tutta la propria dabbenaggine o inconsistenza morale. Invotabili: il nuovo gate-keeper!

Solo DSP sta faticosamente tentando di raccogliere le firme, ma il livello proibitivo (70.000, diconsi “settantamila”) rende questa fatica probabilmente inutile.

E adesso andiamo in Sicilia.

Noi abbiamo un problema in più: siamo sottomessi alla UE, come tutti gli altri, ma siamo dipendenza coloniale di una delle province di cui si compone l’Impero, l’Italia. E ci troviamo contro gli italiani, persino gli “anti-sistema”. In Sicilia, gli anti-sistema ci abbandonano alle grinfie di De Luca, dimostrando ancora una volta che noi italiani non siamo se non per il passaporto e la lingua ufficiale.

Un partito, faticosamente, era riuscito a presentarsi a due elezioni regionali, Siciliani Liberi. Si era associato con altre formazioni autonomiste e federaliste italiane, “Autonomie e Ambiente”.

Questa, a sua volta, si era federata a livello europeo con “Alleanza Libera Europea”, il partito europeo di tutti i regionalismi.

In teoria, avendo eurodeputati, avrebbero potuto presentarsi senza raccogliere firme. Avrei dovuto inghiottire parecchi rospi a votarli, ma l’avrei fatto.

Pochissima visibilità, intanto. Ma anche un assurdo sbarramento nazionale al 4%, che costringeva a correre sotto un simbolo comune, del tutto anonimo dalle nostre parti.

Ma soprattutto avrei dovuto inghiottire il rospo di una federazione europea, né più né meno globalista degli altri europartiti. Una formazione che, all’organizzazione giovanile del partito, anziché chiedere quali iniziative porta avanti per difendere l’identità culturale della Sicilia dall’assimilazione, chiedeva se erano favorevoli alle politiche LGBT per accettarli, una formazione che espelle la minoranza russofona della Lettonia, una formazione in cui ci sono dentro, anche se ormai fuori dalla UE, i folli al governo in Scozia. Una formazione, in altri termini, con cui io non ho NULLA a che spartire, a parte la teorica difesa di regioni e nazionalità autonome, tutta da vedere.

Questa affiliazione, del resto, si è rivelata del tutto inutile, così come inutile il sacrificio del partito di tenere una contabilità e uno statuto adeguati a una legge nazionale che consente l’iscrizione al registro dei partiti.

Tutto inutile. Lo Stato, a meno di 6 mesi dalle elezioni europee, contrariamente alle stesse raccomandazioni UE, cambia la legge elettorale, per impedire alle formazioni che hanno un europarlamentare, ma non un parlamentare italiano, a meno che non raccolgano anche loro 70.000 firme. Siciliani Liberi, con grandissimo sacrificio, ha raccolto 3.000 firme per presentarsi alle elezioni regionali. Come mai potrebbe, anche in tutta Italia e con l’aiuto dei movimenti fratelli, arrivare a questa cifra stratosferica? Un’altra legge, dopo lo sbarramento introdotto nel 2009, per ridurre la democraticità della rappresentanza; sbarramento inutile per la “governabilità” ma utilissimo a impedire nuove entrate nell’agone politico.

Altro emendamento, fatto qualche anno fa, quello che esclude i partiti non rappresentati in Parlamento dalla deduzione delle donazioni dei contribuenti. Anche là un’altra barriera all’entrata, al solo fine di impedire il ricambio.

A questo punto che fare?

A questo punto resta l’astensione, ma, in questo caso, scientifica, direi violenta, da vero e proprio boicottaggio delle urne.

Se proprio devono prenderci in giro che a votare ci vadano sempre meno persone. Non cambierà nulla, ma almeno avremo dato una picconata alla loro legittimazione.

Obiettivo?

Alle ultime elezioni europee in Sicilia votò appena il 37,51% degli aventi diritto.

Questa volta dobbiamo darci un obiettivo più ambizioso: devono andare a votare meno del 30% degli aventi diritto.

A quel punto saremo moralmente legittimati a non ubbidire più a un’Europa che non rappresenta più nessuno. Una specie di Sicilexit.

E per l’Italia? L’Italia era al 56,09. Speriamo almeno si scenda sotto il 50%.

Sarebbe anche questo un plebiscito per l’Italexit. Ripeto: mi piacerebbe avere per chi votare, ma se mi impedite di esprimermi liberamente e secondo la mia coscienza, io, cittadino qualunque, allora vi boicotto, vi faccio saltare il banco della finzione democratica. In attesa che qualcuno o qualcosa intervenga a darvi l’ultima botta e mandarvi a casa per sempre.

POST SCRIPTUM

Affluenza nella circoscrizione Isole alle Europee (dal 2014 dato disaggregato per la Sicilia):

1979        75,87

1984        74,20

1989        73,96

1994        71,87

1999        62,64

2004       63,99

2009       47,14

2014        42,88

2019         37,51

2024        ???

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